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La risposta al quizzone n.5

La risposta al Quizzone n.5

La domanda: In quali anni si è disputato il Gioco del Ponte nel XIX secolo?
a) 1807
b) 1809 e 1821
c) 1870
d) 1801 e 1802

La risposta esatta è: nel 1807.

Si trattò del’unica edizione del Gioco tenutasi nel corso del XIX secolo. Dopo l’ultima edizione del 1785, il Gioco del Ponte, infatti, fu interrotto fino al 1807, quando la regina reggente d’Etruria, Maria Luisa, dopo continue e insistenti richieste dei pisani, ne autorizzò la riproposizione.

La sovrana assistette personalmente all’evento, rendendosi conto quale fosse di fatto il suo svolgimento, trovandosi però costretta a manifestare il proprio dissenso e pronunciare la celebre frase: “per Gioco è troppo, per guerra è poco”. L’organizzazione del Gioco del Ponte venne, quindi, definitivamente abbandonata ed anzi ebbe inizio un periodo di completo abbandono della Festa cittadina, durante il quale venne perduto moltissimo prezioso materiale (in particolare, morioni, alabarde, targoni).

Si ringraziano per la preziosa collaborazione nella realizzazione della rubrica Ferruccio Bertolini e Federico Bonucci.

La Foto del mese

La foto del mese: di Nicola Ughi

Mi chiamo Nicola Ughi e scatto fotografie da quando ero ragazzino. Ho sempre avuto una predilezione per la gente, i viaggi e i racconti fotografici. Per questo motivo ho deciso nel 2006 di approfondire la mia passione con un master alla John Kaverdash di Milano proprio in “fotoreportage”, diretto da Sandro Iovine, e successivamente decidere che la fotografia sarebbe stata la mia professione.
Amo il linguaggio del reportage e sono così interessato alla gente che alla fine ho fatto del ritratto “narrato” una delle mie specializzazioni professionali. Ritengo che il ritratto debba sempre far parte di un reportage e di recente lo utilizzo intervallato a particolari o scene relative ai protagonisti per raccontare una storia in due scatti. Nel mese di novembre 2011 con questo tipo di linguaggio ho vinto un primo premio di una delle tre sezioni (il lavoro nei campi ed i suoi frutti) di un concorso internazionale chiamato “obiettivo agricoltura”.

Che cosa è per lei il Gioco del Ponte
E’ la manifestazione storica “protagonista” del Giugno pisano, insieme alle regate di San Ranieri e alla tradizionale Luminara. Personalmente ho avuto modo di approfondirlo ed apprezzarlo soltanto da poco tempo, ovvero da quando viene svolto in notturna. E’ proprio per questo motivo che nel 2009 mi sono trovato a fotografarlo: stavo seguendo un progetto personale sui notturni pisani che non ho ancora concluso e volevo che questa manifestazione fosse presente nella mia storia, così ho chiesto al comune il permesso di fotografarlo. Da li è nato lo scatto che vedete su questa home page e le altre fotografie, una delle quali ha conquistato il terzo premio dell’ultima edizione del concorso.

Che cosa ne pensa del concorso fotografico dedicato al Gioco del Ponte

Si tratta di una bella iniziativa che se ben diffusa avvicinerà molti pisani appassionati di fotografia alla manifestazione, cercando di coglierne gli aspetti più curiosi ed insoliti. Credo che il prossimo concorso dovrebbe mettere in palio un “accredito” sul ponte che permetta al fotografo vincitore di vivere l’esperienza bellissima che io ho già vissuto qualche anno fa, e di misurarsi così con il vero clima agonistico che c’è tra i combattenti, oltre al serio e il faceto dei figuranti.

Il concorso fotografico dà, a suo avviso, visibilità agli autori delle fotografie

Si tratta di un concorso amatoriale, ma per essere tale l’impegno degli organizzatori nonostante qualche ostacolo, ha permesso di dare grande visibilità ai partecipanti. Per un professionista è normale vedere le proprie foto pubblicate, ma per un amatore vedere la propria foto riconosciuta da una giuria di esperti e messa in mostra sia fisicamente che sul web è una soddisfazione grandissima. Se quando ero ragazzino avessi avuto a disposizione un concorso come questo con il quale misurarmi avrei cercato di dare il meglio di me proprio per poter essere esposto ed avere visibilità.

Crede che il concorso fotografico possa rappresentare un modo per avvicinare gli appassionati al Gioco del Ponte

Il miglior modo di avvicinare gli appassionati è il coinvolgimento. Credo che, con il supporto anche di qualche sponsor che metta a disposizione premi specifici per la fotografia, il concorso possa crescere molto con gli anni e far si che diventi “la” gara allo scatto migliore che tutti vorranno vincere o dove tutti vorranno piazzarsi; avvicinando di conseguenza tanti nuovi appassionati a questa gara storica. Credo che si possano inserire altri temi da aggiungere al concorso, oltre a quello libero, sia per alzare il livello della competizione, sia per stimolare gli appassionati a cercare lo scorcio più originale.

Note:
Nicola Ughi ha partecipato al 2° Concorso Nazionale di Fotografia “Uno Scatto per il Gioco del Ponte” (edizione 2011) piazzando una delle sue fotografie sul podio dei vincitori; l’immagine presentata in questa sezione è
stata scelta come pagina “intro” del nostro sito internet.

Gente di Gioco PAGINA PRINCIPALE

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 Lo scontro sul Ponte passato alla storia: i ricordi di Federico Soldani

Nella storia recente del Gioco un combattimento sul Ponte in particolare è ancora nella memoria di tante persone a distanza di quasi vent’anni.

Lo scontro fra San Michele e Delfini del 1992 rappresenta, infatti, la versione moderna di quelle battaglie epiche, che l’immaginario collettivo collega a tempi ormai passati e che rimangono inevitabilmente nei ricordi degli appassionati e non solo. Si trattò di un confronto aperto, fra valorosi e possenti combattenti impegnati a misurare la propria forza, intenzionati solo a capitalizzare al meglio gli sforzi ed i sacrifici di un anno intenso di preparazione. Rispetto all’euforia per l’ importante vittoria delle “Aquile”, nei fortissimi avversari australi fece da contrappeso una profonda amarezza, allentata solamente dalla consapevolezza di avere contribuito ad uno scontro unico nell’esperienza moderna di Gioco con il carrello, sicuramente il combattimento di maggior durata: 22 minuti e 33 secondi.

Quell’anno, sul Ponte, nelle fila del San Michele vi era anche un giovane, come tanti si sono avvicinati nel tempo al Gioco, “ir bimbo” per tutti i compagni di squadra: Federico Soldani.

Caratterizzato da un fisico imponente, Soldani si avvicinò alla Magistratura appena ventenne, nel 1991, grazie ad un suggerimento del carismatico Capo Schiera Mario Giaconi, un pisano che “…viveva per il Gioco”. Anche negli anni successivi si adoperò nella Magistratura, allora guidata da Giovanni Berti Mantellassi, salendo sul Ponte fino al 1994 quando fu costretto a ritirarsi definitivamente per problemi fisici.

Si trattò di una parentesi di breve durata, ma intensa e sicuramente indimenticabile per chi come lui ha vissuto quegli anni da vero protagonista, proseguiti ancora dopo con la gestione della Magistratura da parte di Fabrizio Aghini, attuale Consigliere civile della Parte, succeduto nel frattempo a Berti Mantellassi.

Già allora il San Michele era una “corazzata” che non temeva avversari, che pretendeva di confrontarsi con gli avversari più forti che in quegli anno erano il San Marco di Capitan Edo Lupi ed i Delfini del compianto Capitan Walter Sabatini. Si trattava di una forte e sentita rivalità che culminava l’ultima domenica di giugno, esplodendo in scontri sempre avvincenti, che appassionavano e di cui si discuteva ancora molto giorni dopo.

Il San Michele allora era capitanato da Antonio Pucciarelli e Soldani fungeva da jolly nello schema di spinta. Il Capitano lo affidò alle cure della vecchia guardia, di veterani come Andrea Imbelli e “Piedino” Carlotti (così soprannominato per il numero di scarpe che indossava, il 52) i quali, insieme a Mario Giaconi, contribuirono a renderlo partecipe di una “macchina” possente, fra le più forti di quegli anni, che faceva dell’amicizia e dell’attaccamento ai propri colori la vera arma segreta.

L’unicità dello scontro del 1992 risultò la combinazione di alcuni singolari fattori, primo fra tutti una fortissima rivalità fra le Parti. Una settimana prima del Gioco, dietro le insistenze della Magistratura, venne infatti stabilito che il San Michele avrebbe affrontato comunque i Delfini, a prescindere dall’esito degli altri scontri, soddisfacendo così la legittima volontà di entrambe le squadre che si erano preparate appositamente allo scontro durante l’anno, spingendo sempre più forte i pistoni dei carrelli da allenamento.

A ciò si aggiunse un pizzico di strategia, con particolari inediti: sempre una settimana prima, dopo che certe voci (anche nel Gioco le c.d. “spie” hanno un ruolo”) riferirono che i Delfini si stavano allenando in funzione dei comandi tradizionalmente usati da Capitan Pucciarelli, fu deciso prudenzialmente di cambiare le chiamate della spinta. La mossa si rivelò evidentemente vincente, seppure quell’anno – racconta Soldani – il San Michele avrebbe potuto spingere in pressione per almeno altri dieci minuti rispetto al tempo registrato. Venne effettuata una pressione costante, tale da alzare a lungo il carrello, caratterizzata da ripetute spinte contrapposte che spostarono il carrello fino ad un metro e mezzo dalla mezzeria, fino poi a quella definitiva verso la bandierina rossa. Momenti interminabili, compensati dalla consapevolezza delle forze delle rispettive squadre. I Delfini erano capitanati da Walter Sabatini, per molti uno dei migliori capitani della storia del Gioco del Ponte. Nelle fila dei marinesi vi erano possenti e valorosi personaggi come Moreno Baldini detto “Tavolone”, ma anche “Er Gobbo”, secondo i più esperti, nel periodo, il più forte combattente del Gioco in proporzione al peso corporeo.

Ma la rivalità di quegli anni si basava principalmente sul rispetto dell’avversario.

Il lunedì dopo l’epico scontro, in occasione della cena di vittoria nella Magistratura boreale, si presentarono, oltre al Magistrato dei Delfini, Sabatini, Tavolone e il “Gobbo”. Vennero prontamente accolti ed in loro compagnia la serata trascorse in armonia, scambiandosi le impressioni e le sensazioni successive al Combattimento per antonomasia, il più lungo, il più estenuante.

Per la cronaca, nel 1993 Tramontana vinse per il secondo anno di fila il Gioco con il risultato di 5 a 1, così come l’anno successivo quando Tramontana la spuntò alla “bella”.

Intervista di Stefano Gianfaldoni
Foto di copertina di: Maurizio Babboni

Le altre interviste:

Gente di Gioco – Nello Pucci

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 Un lavoro, una passione: i ricordi di Nello Pucci

E’ una di quelle persone che ha lavorato molto per il Gioco, con un ruolo di responsabilità, limitandosi a svolgere il proprio compito al di fuori delle luci della ribalta che una manifestazione come il Gioco del Ponte può dare. E’anche testimone di spaccati di vita sociale genuina all’insegna di un forte attaccamento alla città e alla manifestazione che più di altre unisce e divide i pisani, l’ultima domenica di Giugno.

Nello Pucci dall’immediato dopoguerra è stato uno dei responsabili cui il Comune aveva assegnato il recupero, la manutenzione e la gestione dei costumi del Gioco dl Ponte, di cui è profondo conoscitore dopo una esperienza di quasi trent’ anni. Ancora oggi la passione e l’entusiasmo lo avvicinano alla manifestazione seppure come semplice spettatore. Nello Pucci non è mai stato un figurante, ma ha contribuito concretamente alla riuscita di edizioni storiche come quella del 1947 all’Arena Garibaldi (la prima dopo l’ultima grande Guerra) e del 1960 a Roma, al Circo Massimo, in occasione delle Olimpiadi. Lo abbiamo incontrato e gli sono state poste alcune domande.

 D.: Qual e il ricordo più lontano legato al Gioco del Ponte?
R.: Già da quando ero bimbo assistevo al Gioco. Nel 1935 vi parteciparono i miei fratelli ed ero sui lungarni. Mi ricordo anche le edizioni successive. Poi nel 1938 il corteo del Gioco del Ponte sfilò a Firenze, presso i giardini di Boboli, in occasione della visita di Hitler.Si diceva che il corteo avesse colpito tanto i capi nazisti che essi, a distanza di tempo, chiedevano che fine avessero fatto i costumi e il Gioco.

D.: Il Gioco fu ovviamente interrotto per lo scoppio della guerra. Che fine avevano fatto i costumi?
R.: Nel 1940 l’Amministrazione Comunale decise di mettere al sicuro i costumi, nascondendoli. Fu ritenuto luogo ideale il ballatoio del Battistero. Ancora oggi è possibile vederlo. C’era una porta d’accesso alla scala tortuosa che conduce al soppalco che fu murata. Fu cosi impossibile scorgere i costumi.

D.: Lei ha cominciato a lavorare nel 1945 per il Comune. Da quando s’interesso direttamente dei costumi del Gioco del Ponte?
R.: Nel 1946 la Deputazione dell’OPAE decise di sgomberare i locali del Battistero dove nel 1940 erano stati nascosti i costumi per metterli al sicuro dalla guerra. L’amministrazione Comunale si occupò dei trasferimento dei costumi nella sede che li aveva ospitati già dall’edizione del 1935, il Museo Civico di S. Francesco, presso il chiostro dell’omonima Chiesa. In quell’occasione fui chiamato.

D.: Come apparivano i costumi dopo anni difficili?Ci furono problemi?
R.: I costumi erano stati ammucchiati velocemente, senza un criterio. Insieme ad alcuni colleghi prendevamo un costume alla volta e tramite bauli e l’ausilio di carrucole li caricavamo sui camion per trasferirli nella sala degli Arazzi del Museo civico di S. Francesco, dove furono montati degli appositi armadi. I problemi, in ogni modo, più che legati allo stato dei costumi, che erano stati realizzati circa dieci anni prima, riguardavano l’identificazione e la conseguente sistemazione. Non era facile ordinare oltre ottocento costumi.

D.: Come fu risolto il problema?
R.: In modo molto pratico. Furono fatti mucchi di costumi uguali e sistemati temporaneamente su tavoli. Ma le difficoltà per la quantità di costumi erano notevoli, cosicché l’Amministrazione Comunale chiese aiuto a Peruzzi, il titolare della sartoria di Firenze che era stata incaricata di realizzare i costumi. Con il suo aiuto riuscii a sistemarli, permettendo di fare il Gioco l’anno successivo, nell’edizione straordinaria dl 1947 all’Arena Garibaldi.

Ricordo che Peruzzi portò il catalogo originale e, seguendo il vecchio ordine di sfilata, fu ricostruito l’intero corteo di Tramontana e Mezzogiorno. Sarebbero sorti ulteriori problemi gli anni successivi se non avessi ideato, con il consenso dell’Amministrazione Comunale e dello stesso Peruzzi, di catalogare ciascun costume, comprese scarpe e stivali. Cosi numerai ogni costume ad olio in modo da resistere all’usura. Il lavaggio a volte era necessario soprattutto per ragioni igieniche in un periodo in cui molte malattie, compresa la TBC, erano diffuse. I costumi furono quindi tutti catalogati, dal numero uno ad oltre il numero ottocento. Fu la prima volta che fu fatta una catalogazione del genere.

D.: Lei ha assistito a grossi cambiamenti nella manifestazione. Quali aspetti distinsero i diversi tipi di Gioco del Ponte?
R.: Certamente con il tempo si sono perse tante consuetudini. Ad esempio qualche figura particolare, come i Dignitari ed i Cavalieri, portava il costume assegnato a casa propria, dove si prestava particolare attenzione nella pulizia e nella sistemazione del costume. Veniva rilasciata una ricevuta del materiale preso, compresi gli accessori come calze, piume e guanti. Finito il Gioco, gli stessi figuranti, avevano quindici giorni per restituirli.

Per sicurezza ricordo di avere avuto uno schedario in cui inserivo nome, cognome, ruolo ricoperto ed il materiale che era stato affidato. Era un clima di serietà che si vedeva anche il giorno del Gioco nei locali di vestizione e durante la sfilata. Erano tempi in cui partecipavano al Gioco numerosi esponenti della nobiltà pisana tra cui il Conte Roncioni, il Conte Curini Galletti, il Conte Agostini, il Conte Samminiatelli, il Marchese Quaratesi, il Marchese Ollandini, il N.H. Strambi, il N.H. Cilotti, il N.H. Studiati Berni, il N.H. Inghirami, il N.H. Del Torto.

D.: Un numero di costumi che sicuramente supera le ottocento unità. Si conosce il numero esatto di costumi che erano coinvolti nel Gioco del Ponte?
R.: Sicuramente sono un patrimonio inestimabile. Nel 1946 quando li catalogai i costumi erano circa novecento, questo perché settanta od ottanta di essi erano dei “Barcaioli”.Costoro, nel Gioco del 1935, durante la battaglia sul Ponte, erano sistemati sulle barche in Arno, pronti a recuperare coloro che nello scontro fra le due Parti potevano essere scaraventati in Arno dal Ponte di Mezzo. Tali costumi erano di tela, simili a quelli dei fotografi attuali. Oggi sono sopravvissuti alcuni costumi del 1935, il cui particolare tessuto ne ha permesso una maggiore resistenza all’usura come quelli delle Guardie al Campo. Tuttavia, mentre si ha una numerazione certa per i costumi, lo stesso non può dirsi per le armature, questo perché il ferro era considerato come un tutt’uno con il costume.

D.: Come organizzava la manutenzione di costumi?
R.: Avveniva tutto in tre o quattro mesi e non ho mai avuto grossi problemi. Agli inizi di maggio cominciavamo ad occuparcene per poi sistemare e chiudere i locali intorno alla metà di agosto. Si cominciava con la sgrassatura, la pulitura e la lucidatura delle armature con l’aiuto delle addette alle pulizie. Erano dipendenti comunali che come straordinario si occupavano di questo faticoso ma importante compito. La grassatura permetteva una migliore conservazione e protezione dalla ruggine. Erano poco più di una dozzina e collaboravano per i tre mesi vicini al Gioco anche con lavori sartoriali. Le stesse lavavano a mano i colletti, le calze sulle ‘pile”; mai i costumi, che erano disinfettati. Ad agosto, sistemata ogni cosa, disinfettata con naftalina e antitarme, chiudevamo i locali. Ricordo poi che una volta i targoni, vista l’usura, furono ritoccati a mano. Per l’occasione venne un artigiano che riprese il colore originale di ciascun targone per tutte le dodici magistrature.

D.: Lei ha partecipato anche all’organizzazione della trasferta dei costumi a Roma nel 1960, in occasione delle Olimpiadi. Che ricordi ha?
R.: Occorsero venti o venticinque giorni per trasferire il materiale, sistemarlo nei locali e allestire la vestizione. Quell’occasione fu molto importante perché i costumi furono trasferiti dal luogo in cui si trovavano.

D.: Dove si trovavano?
R.: Nel 1935 i costumi furono sistemati dallo stesso Fortunato Bellonzi presso il Museo Civico di S. Francesco. Nel 1940, come ho detto, furono nascosti nel Battistero. Nel 1946 tornarono nel Museo Civico. Nel 1960, al ritorno da Roma, furono trasferiti alla Cittadella, nei locali che erano stati adibiti, per rimanervi fino a pochi anni fa, prima di essere trasferiti nei magazzini comunali a Ospedaletto. Partendo dal numero uno del catalogo, secondo l’ordine di sfilata, furono sistemati nella parte bassa, corrispondente a Tramontana. Poi fu creato un soppalco per Mezzogiorno.

D.: In oltre venticinque anni di lavoro vicino al Gioco ha conosciuto persone che appartengono alla storia della manifestazione. Chi ricorda?
R.: Il Dott. Ferruccio Giovannini era davvero una degna persona, con cui andavo molto d’accordo e che aveva fiducia in me. Ricordo anche Gastone Gambogi, grande appassionato e artista indiscutibile. Ma anche Simmaco Possenti, Sergio Burchi, Ivo Pucciarelli, Sergio Porta, Luciano Di Sacco, Mario Giannessi, Sergio Lotti, Piero Favati, Medici.

D.: Alla luce della sua esperienza, qual è il costume più bello? Quello che le piace di più?
R.: Sicuramente il costume del Luogotenente Alfiere del Palio, il più bello di tutti. Ma anche quello dei Generali.

D.: E quale costume le sarebbe piaciuto indossare?
R.: Mi piaceva molto il costume da Cavaliere, ma non a cavallo perché non avevo pratica.

 

Intervista di Stefano Gianfaldoni
Foto di copertina di: Maurizio Babboni